giovedì 24 ottobre 2013

275 MI

Foto di Matteo Mangherini

Le due del pomeriggio. Appena arrivato giù, fuori dal portone del suo condominio.
Finisce di abbottonare il cappotto e dà una pacca strisciata per sistemarselo addosso.
Alza la testa verso avanti, dritto a lui. Dà un'occhiata panoramica alla piazza muovendo solo gli occhi, scosta poco poco la testa verso la sua sinistra.
Il bar, il caffè. Il giornale e i vecchi. Il cielo cattivo e grigio. 
Con i guanti alle mani comincia a percorrere, spedito e diretto, il tratto verso il bar Egidio, arriva.
Entra aspirando le labbra tese, tenendo i denti stretti fra di loro, le sopracciglia alzate e leggermente infastidite; aveva appena preso il caffè di sopra, nella sua cucina-nel suo appartamento. 
Il caffè. L'agitazione. La vergogna.
Ordina un caffè macchiato e toglie i guanti, li mette nella tasca destra. Aspetta pensieroso e indifferente appoggiato al bancone. 
Il caffè arriva ed è come se, prima di berlo, portandolo alla bocca, spuntasse una nuvoletta -"Coglione il latte che mi hai fatto mettere non mi addolcisce"- beve, strizza gli occhi e il disgusto gli trasforma il viso, non aveva messo lo zucchero.. La ferita nella parte interiore della guancia gli brucia, tanto da stringere i denti e le palpebre. L'amaro del caffè gli asfalta lingua e gola e tossisce. E dire che il caffè lo aveva già preso prima e aveva anche appena finito di pranzare, ma Armando è testardo e pignolo. E invece no.
Nasconde, fugge, si siede, sente. Poi non trova più niente.

Ogni giorno costretto ad uscire dalle mura bianche e verdine camo del suo appartamento-nel quale affitta la stanza più grande a un senegalese che 4 mattine su 7 esce alle 5.30 del mattino dirigendosi al lavoro in fabbrica. La faccia dell'affittaro senegalese è scurissima, ma non di pelle s'intende. L'unica parte bianca sul viso di Abdel che Armando ha visto è quella delle palle degli occhi, mai un sorriso, qualche parola solo per gli accordi sui soldi riguardanti la stanza affittata. Mai uno scontro o un litigio. Orari perfetti, soldi sempre puntualmente giusti e mai un rumore di troppo. Armando ne è quasi deluso e stupito e per questo ha escogitato e sviluppato questo uscire tutti i pomeriggi in cerca di motivi di discussione. In fondo la sua azienda procede bene e problemi economici non ne ha, in più un gruzzolo ereditato da pochi annetti "grazie" ai genitori morti.
Abdel invece, a quanto pare, ha quasi "niente". Ha quella stanza, quel lavoro e una marea di palline con la neve e souvenir provenienti da ogni dove, il suo comodino accanto al letto è un tamburo e, direttamente sopra-attaccato al muro, ha anche due rametti con delle foglie secche appesi all'ingiù.
Mai vista donna entrare in quella stanza, mai visto un amico accompagnare alla porta d'ingresso. Solo Abdel e il suo passo pesante e alto.
Armando non crede possa andare sempre tutto bene e anche quando ha provato a guardarlo male, l'uomo senegalese non ha mai posto malamente il piede, anzi risposto sempre educatamente e sicuro di sè. Senza mai spiegare in modo eccessivo o inesaudiente, Abdel è Essenziale.

Armando esce ogni pomeriggio a cercare le virgole messe al posto sbagliato - ma quel pomeriggio fu totalmente inutile varcare quella soglia. Pieno di punti di domanda esce dal bar e gira l'angolo in Viale dei Gigli, dove all'altezza della seconda traversina incontra il suo affittaro. Non lo saluta.
Continua avanti, guardandosi il marciapiede scorrere come un tapis-roulant sotto le sue scarpe inglesi. Church's, pagate 445 euro. Quelle le accetta benissimo, sorride anche, le adora.
Così camminando a rullo sul marciapiede evita le buche riflettendo su Abdel, se lo cacciasse di casa non avrebbe più motivo di uscire il pomeriggio. Pensa a questo.
Pensa che forse Abdel è un po' la sua salvezza. Pensa che forse quando tornerà a casa dovrebbe innescare un dialogo. Il tutto guardando sempre in basso, percorrendo la stessa linea.
Entra in un negozio di lusso e classe, con le mani inguantate in tasca e il cappotto sbottonato, le mani dentro alle tasche sono di peso morto, creando uno spazio tanto largo quanto insoddisfatto.
Armando ha il respiro mozzato anzi trattenuto e quando lo rilascia, insieme al respiro, esce anche la sua voce, in un suono spezzato e allibito.
Così, lentamente-e anche il suo sguardo è spezzato e allbito-si gira sullo stesso punto in cui si era fermato ed esce, ormai, con quell'aria sconfitta di quando si sa che nulla è più efficace dell'uscire dalle proprie formalità e abitudini.
Uscito cammina veloce, con lo sguardo basso, arrabbiato e deluso, con le sue labbra stanche e mezze aperte, verso la fermata dell'autobus.
Armando, che è sempre uscito a piedi o con il Mercedes classe A, prende il bus. Ha capito.
Abdel se n'è andato.
Tornato a casa Armando controlla la stanza del senegalese e la trova-come aveva premonito-vuota.


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