lunedì 26 maggio 2014

4.16

Delle cose stanno succedendo
silenziosamente.
La notte presente e onnipotente schiaccia le teste.
Persone da lodi, da fasce orarie anche in vacanza,
in vacanza.
Hanno successo e le vedi sorridenti, tu assente.
Ma “vacanza” è un termine silenzioso e adolescente.
Dovrei esordire con “ferie” questo tremendo, adulto termine
che conosce mare e montagne. Linee rette da seguire.
Pance da gonfiare e ricchi freddi per i peli da rizzare.

Come darvi torto, le notti schiacciano le teste.
L'onnipotenza ci fa strada nel buio, dove ogni tanto incontriamo
delle lucine bianche piccole. Noi siamo modelli veri.
Zero bagliori accecanti, zero scatti.
Le ferie o le vacanze noi le abbiamo tutto l'anno
ma non il vostro pancino caldo e peloso.
Noi conteniamo domande e non risposte.
Filtri tra cui galleggiare, le nostre foto si confondono.
Acqua ruvida. Vento ondeggioso. Liquido areoso.
Quando e se penso alle estati che furono io vedo scritto nell'aria
che un tempo scrivevo cose migliori;
o che un tempo ero migliore nel sentire arrivare.
Ora è uno scherzo, è una birra.
E' una risata.
E' aria.

Il mare è la vostra Gola. Il vostro sole lussurioso.
Con la riva che sbuffa, vi manda lontani ogni volta e vi invita all'affogo.
Le vedute distanti. La barchetta in orizzonte. Il raggio verticale.
I vostri ombrelloni obliqui, 1990..

venerdì 6 dicembre 2013

Le bugie di Armando.

Sui muri verde camo di quelle stanze scorrevano fiumi di odori, gli  anni vissuti con altre persone tralasciando il pensiero di poterci rimanere da solo lì dentro.
Il soffitto bianco invecchiato-sporco-uno specchio, un riflesso di loro e di lui.
Ha assorbito tutte le idee vaganti nell'aria, come fumo dalle sigarette in quei party dati per ridere di cose totalmente futili, per guardarsi negli occhi l'odio affogare le pupille e dilatarle.

Armando è stanco, infatti ormai son le 9 di sera, camminato tutto il pomeriggio. Il bar Egidio.

La porta della cucina dal lato interno ad essa piena di buchi, grandi il contorno di un pugno.
Armando sta bene.
Vuole un caffè al gusto di Abdel. E nonostante ci faccia poco caso a questo, vuole risentire l'odore che aveva quell'uomo quando passava dal corridoio con la sua fretta, le sue gambe svelte e lunghe, mentre "correva" al lavoro.
I suoi genitori erano persone proprio per bene, ordinate e composte. E lì ricorda in un quadretto appeso in soggiorno.

15.15
A palline bianche, una gonna che arriva alle ginocchia. La vide in una vetrina, rimase lì 4 minuti interi-spaccati-a guardarla. Quella gonna nera e bianca era perfetta.
I rapporti completamente sagomati con un coltello da macello. Niente anestesia, 8 anni senza una donna, il tema forse più caro, dopo aver perso anche la madre.
700 chilometri e una macchina, delle sigarette cadute sotto al sedile destro; un cruscotto impolverato da anni e -una canzone-.

Armando ha sentito e visto troppo in quella vetrina, forse troppo ormai avvelenatosi gli occhi-appannatosi la mente dalla lucidità di quel momento a cui le sue sinapsi lo avevano sottoposto, rimane lì dando le spalle al negozio, quasi come gesto di lasciare indietro.
Oggi le 14 sono già passate e il caffè gli ha fatto schifo, comunque da pensare e convincersi che fosse buonissimo, squisito; altrochè!
Armando stringe il petto e con un coraggioso sospiro torna ai principi di una strada.
Quella di casa sua.

Armando è stanco, infatti ormai son le 9 di sera.

mercoledì 13 novembre 2013

275,5 MI



Armando girovaga per il parco oggi. Convinto che una cacca di piccione sul cappello gli dovrà cadere.
Le sue Church's gli dicono di no. Glie lo dicono; che sta per piovere-che ogni nuvola oggi è piena e densa.
Convinto che oggi qualcosa di bello gli succederà e che una cacca di piccione rovinerà tutto. Lui è così.
E' così pieno delle sue espressioni. Solitario e in compagnia delle sue convinzioni e del suo male.
Abdel non è tornato. La casa è così vuota.
La voce della tv rimbomba nell'aria bianca. La radio smette di funzionare come sapesse che nessuno sta ad ascoltarla. Tutto in perfetto ordine.

Armando ha scoperto il Whisky stamattina alle 7 e zero otto. Sempre avuto in casa nella vetrinetta, mai aperto, ma tante volte contemplato. Le gocce del freddo Armando le ha guardate scendere dal bicchiere.
Le sue Church's questo gli avevano detto.

Si son fatte le 13 in punto e Armando è convinto ancora della cacca, ma niente. Intanto apre l'ombrello, perchè le sue scarpe hanno ottenuto ragione. La pioggia adora Armando ma Armando scappa.
Sotto il letto lui tiene gli album delle fotografie, pieni di polvere. Lì dentro giacciono i suoi rimorsi e le sue pene, i suoi denti stretti e il suo sangue capace di crepare quella parte di lui che Abdel era riuscito a far uscire di casa. Giace il caffè delle 14 che fra poco si andrà a prendere, giace la sua voglia di persone. Giace anche l'Essenza e l'assenza di Abdel forse, o meglio forse fra un po' di tempo: quando il rullino sarà pronto.


Sarà pronto?



(ti stai privando del quotidiano e di quello che la vità può darti
ti esprimi in facce straziate mentre ti parla e non puoi farti vedere comprensivo
puoi solo dimostrare la parte che preferisci, quella dura che solo il sangue e i suoi legami possono crepare)


giovedì 24 ottobre 2013

275 MI

Foto di Matteo Mangherini

Le due del pomeriggio. Appena arrivato giù, fuori dal portone del suo condominio.
Finisce di abbottonare il cappotto e dà una pacca strisciata per sistemarselo addosso.
Alza la testa verso avanti, dritto a lui. Dà un'occhiata panoramica alla piazza muovendo solo gli occhi, scosta poco poco la testa verso la sua sinistra.
Il bar, il caffè. Il giornale e i vecchi. Il cielo cattivo e grigio. 
Con i guanti alle mani comincia a percorrere, spedito e diretto, il tratto verso il bar Egidio, arriva.
Entra aspirando le labbra tese, tenendo i denti stretti fra di loro, le sopracciglia alzate e leggermente infastidite; aveva appena preso il caffè di sopra, nella sua cucina-nel suo appartamento. 
Il caffè. L'agitazione. La vergogna.
Ordina un caffè macchiato e toglie i guanti, li mette nella tasca destra. Aspetta pensieroso e indifferente appoggiato al bancone. 
Il caffè arriva ed è come se, prima di berlo, portandolo alla bocca, spuntasse una nuvoletta -"Coglione il latte che mi hai fatto mettere non mi addolcisce"- beve, strizza gli occhi e il disgusto gli trasforma il viso, non aveva messo lo zucchero.. La ferita nella parte interiore della guancia gli brucia, tanto da stringere i denti e le palpebre. L'amaro del caffè gli asfalta lingua e gola e tossisce. E dire che il caffè lo aveva già preso prima e aveva anche appena finito di pranzare, ma Armando è testardo e pignolo. E invece no.
Nasconde, fugge, si siede, sente. Poi non trova più niente.

Ogni giorno costretto ad uscire dalle mura bianche e verdine camo del suo appartamento-nel quale affitta la stanza più grande a un senegalese che 4 mattine su 7 esce alle 5.30 del mattino dirigendosi al lavoro in fabbrica. La faccia dell'affittaro senegalese è scurissima, ma non di pelle s'intende. L'unica parte bianca sul viso di Abdel che Armando ha visto è quella delle palle degli occhi, mai un sorriso, qualche parola solo per gli accordi sui soldi riguardanti la stanza affittata. Mai uno scontro o un litigio. Orari perfetti, soldi sempre puntualmente giusti e mai un rumore di troppo. Armando ne è quasi deluso e stupito e per questo ha escogitato e sviluppato questo uscire tutti i pomeriggi in cerca di motivi di discussione. In fondo la sua azienda procede bene e problemi economici non ne ha, in più un gruzzolo ereditato da pochi annetti "grazie" ai genitori morti.
Abdel invece, a quanto pare, ha quasi "niente". Ha quella stanza, quel lavoro e una marea di palline con la neve e souvenir provenienti da ogni dove, il suo comodino accanto al letto è un tamburo e, direttamente sopra-attaccato al muro, ha anche due rametti con delle foglie secche appesi all'ingiù.
Mai vista donna entrare in quella stanza, mai visto un amico accompagnare alla porta d'ingresso. Solo Abdel e il suo passo pesante e alto.
Armando non crede possa andare sempre tutto bene e anche quando ha provato a guardarlo male, l'uomo senegalese non ha mai posto malamente il piede, anzi risposto sempre educatamente e sicuro di sè. Senza mai spiegare in modo eccessivo o inesaudiente, Abdel è Essenziale.

Armando esce ogni pomeriggio a cercare le virgole messe al posto sbagliato - ma quel pomeriggio fu totalmente inutile varcare quella soglia. Pieno di punti di domanda esce dal bar e gira l'angolo in Viale dei Gigli, dove all'altezza della seconda traversina incontra il suo affittaro. Non lo saluta.
Continua avanti, guardandosi il marciapiede scorrere come un tapis-roulant sotto le sue scarpe inglesi. Church's, pagate 445 euro. Quelle le accetta benissimo, sorride anche, le adora.
Così camminando a rullo sul marciapiede evita le buche riflettendo su Abdel, se lo cacciasse di casa non avrebbe più motivo di uscire il pomeriggio. Pensa a questo.
Pensa che forse Abdel è un po' la sua salvezza. Pensa che forse quando tornerà a casa dovrebbe innescare un dialogo. Il tutto guardando sempre in basso, percorrendo la stessa linea.
Entra in un negozio di lusso e classe, con le mani inguantate in tasca e il cappotto sbottonato, le mani dentro alle tasche sono di peso morto, creando uno spazio tanto largo quanto insoddisfatto.
Armando ha il respiro mozzato anzi trattenuto e quando lo rilascia, insieme al respiro, esce anche la sua voce, in un suono spezzato e allibito.
Così, lentamente-e anche il suo sguardo è spezzato e allbito-si gira sullo stesso punto in cui si era fermato ed esce, ormai, con quell'aria sconfitta di quando si sa che nulla è più efficace dell'uscire dalle proprie formalità e abitudini.
Uscito cammina veloce, con lo sguardo basso, arrabbiato e deluso, con le sue labbra stanche e mezze aperte, verso la fermata dell'autobus.
Armando, che è sempre uscito a piedi o con il Mercedes classe A, prende il bus. Ha capito.
Abdel se n'è andato.
Tornato a casa Armando controlla la stanza del senegalese e la trova-come aveva premonito-vuota.


giovedì 10 ottobre 2013

brezza 1963

Si scrolla abilmente il cappotto
panno curato-vintage-del 1963
ha i capelli medio corti e una frangia
guarda il pavimento mentre scrolla
con gli occhi un po' qualunqui segue la polvere 
cadere giù sul pavimento liscio.
Linoleum-parquet, salotto
nicchie dipinte sui muri.
La polvere risalta ai suoi occhi
--si sposta, scrolla di nuovo--
tanto su quei quadrati neri della cucina,
che le sembrano tanto neri.
Un'ora prima.
In giro per le strade
il freddo saliente dalla pavimentazione
le infliggeva la schiena;
finto male fisico-causa musiche
su un walkman per i tape
causa nicchie dipinte sui muri
causa troppi sguardi 
sguardi interpretati.
E' una colonna.
Non si rompe, non parla, rigida liscia e fredda.
Lei veramente si scusa per tutto quello che ha fatto
quella donna veramente io la conosco
un po' dell'aria che espira io la riconosco
piu che altro le riconosco il modo 
e le porgo il cappello e il mio sguardo umile.
A lei quei quadrati del linoleum della cucina 
sembrano tutti neri, i bianchi sono il vuoto.
L'ho letto nel suo taccuino
quello che tiene nascosto sotto alla seduta centrale
del divano.
Lei so che mi parla lì.
Anche se Lei, no, Lei non lo sa.
Parla della luce areosa
entrare dalla finestra alla sua ancora sveglia ora,
quando io mi sveglio per andare al lavoro-
Lei va a dormire.
Chiude il portone con la mandata, poggia le chiavi.
Guarda il soffitto e le nicchie dipinte.
Manda giu. Deglutisce.
Ci prova a capire e io lo so.
La vedo dalla finestra che ci prova.
Che si incazza con le tazze. 
Che il thè finisce sul linoleum.
Insieme alla polvere del cappotto nuovo.
Il suo taccuino è verde scuro, identico al divano
ormai schiarito dalla sua figura
leggera e lucente, come quando 
si appoggia al muro
e scivola con i piedi, 
per il pavimento troppo liscio. 
Io sono sulle sue piantine, sono brezza. 



domenica 14 luglio 2013

scotch biadesivo/mali

Leggi di nuovo.
Leggi il nuovo.
                                                                                leggi

Giro la testa nello stesso momento in cui la canzone finisce.
Scotch biadesivo. 
                                                          caldo scollante/testa disarmante
diverso stavolta
Ci provo.
                             l'ho detto che a volte il vero viene fuori
Rimango ferma sul ciglio del mio balcone. Musica vien da dentro. Sentire strumenti.
      analizzo tremenda la sera, il tramonto mi cade addosso
Scrivo apposta, ho gli schemi. Ho i disegni. Ho l'inchiostro. Ho lo sclero disegnato, visione olografica.
Olografica. Vorrei uno dei miei sei sensi potesse varcare limiti di corpo umano.
Appena riesco a guardare.
       a caso, alla cazzo, somewhere.. forse non sono più io
Mi copro la bocca con la mano, sono sconfitta e stupita.
                                                disarmante scoprire fragiltà
 disarmante urlare il nulla davanti, vieni qui e raccoglimi, vai
                                una canzone incornicia lenta il mio viso
    arrivi veloce qui quando piango, arrivi veloce qui quando
                   ci sono, ma è solo "lo vorrei"; fosse così vorrei 
fosse che mi offri birra/che sali le scale versandola
luce del cazzo soffusa, odio dolce
odio che accarezzi e poi baci
sangue dolce e lenisce le stesse ferite
la stessa ferita
cura
cura
cura
C'è da dire che il ciglio del balcone culla, che gli angeli sono neri con la faccia da topo e volano fra gli alberi.
C'è da dire che sono da sola nel paese dei vecchi, il Signor Nessuno viene ogni sera con robe che non voglio
invadenza a tratti continui
le mani ferme scorrono le gambe
cursori tangibili e pensieri che qui fanno ombra, punto



domenica 7 luglio 2013

Roma Termini

Passa un mese. Passeran due mesi e io scenderò a Roma Termini con due signore con le quali condivido una casa a Ravenna provincia. Sento già le loro risate false in stile chiwawa da spettegolezzo domestico. Battute tristi e brutto trash che a una giovane frustrata non fan ridere.
Nel mentre ho cambiato calligrafia e fumo l'ultima Marlboro rossa, l'ultima perchè qui dove abito è tutto in controsenso. Apparte il mio Odio.
Bhe, fatto sta che il tabacchino cocainomane -pescelesso- che sta vicino casa mia ha cambiato il distributore delle paglie sovrapponendo l'evento al cambio dei cinque euri: quel cazzo di distributore prende solo i vecchi. In più ha aggiunto una macchinetta di schifezze varie della quale non ne capisco la reale utilità, se non quella di farmi ingrassare. Anche quella prende solo i vecchi, vecchi nottambuli malati di Alzheimer che popolano questo paesino.

Rimango in casa sveglia di notte fino alle 6 -aspettando- questo mese che dovrebbe passare. Poi scenderò a Roma Termini e Roma Delirio/litigi.
Mi salta in mente l'idea di propormi due passi alle 4.25, è notte appunto. Rimane un'ora e trentacinque minuti. Vorrei un bicchiere di buon San Giovese, il nostro vino! Terra.
Vorrei si materializzasse un finestrino e un'ambientazione sulle rotaie ora, per viaggiare sola dentro un'intera carrozza di un IC, ma farebbe ritardo lo stesso.
Accanto a me, giovedì, sedevano due ragazze che per far stare comode le loro borse vicino ai loro culi raccontavano, ai poveri disgraziati saliti per ultimi, che i posti non erano liberi causa amici immaginari che stavano arrivando. Simpatiche; ma il caldo il ciclo la voglia di leggere il mio libro la stanchezza e le loro voci che parlavano di "non far la trulla amore" improvvisavano uno schizofrenico balletto ai miei nervi sottili e stanchi. Campi di sterminio.

Ho nella soletta delle Vans Authentic black/black la voglia vera di andare e trovare.