giovedì 10 ottobre 2013

brezza 1963

Si scrolla abilmente il cappotto
panno curato-vintage-del 1963
ha i capelli medio corti e una frangia
guarda il pavimento mentre scrolla
con gli occhi un po' qualunqui segue la polvere 
cadere giù sul pavimento liscio.
Linoleum-parquet, salotto
nicchie dipinte sui muri.
La polvere risalta ai suoi occhi
--si sposta, scrolla di nuovo--
tanto su quei quadrati neri della cucina,
che le sembrano tanto neri.
Un'ora prima.
In giro per le strade
il freddo saliente dalla pavimentazione
le infliggeva la schiena;
finto male fisico-causa musiche
su un walkman per i tape
causa nicchie dipinte sui muri
causa troppi sguardi 
sguardi interpretati.
E' una colonna.
Non si rompe, non parla, rigida liscia e fredda.
Lei veramente si scusa per tutto quello che ha fatto
quella donna veramente io la conosco
un po' dell'aria che espira io la riconosco
piu che altro le riconosco il modo 
e le porgo il cappello e il mio sguardo umile.
A lei quei quadrati del linoleum della cucina 
sembrano tutti neri, i bianchi sono il vuoto.
L'ho letto nel suo taccuino
quello che tiene nascosto sotto alla seduta centrale
del divano.
Lei so che mi parla lì.
Anche se Lei, no, Lei non lo sa.
Parla della luce areosa
entrare dalla finestra alla sua ancora sveglia ora,
quando io mi sveglio per andare al lavoro-
Lei va a dormire.
Chiude il portone con la mandata, poggia le chiavi.
Guarda il soffitto e le nicchie dipinte.
Manda giu. Deglutisce.
Ci prova a capire e io lo so.
La vedo dalla finestra che ci prova.
Che si incazza con le tazze. 
Che il thè finisce sul linoleum.
Insieme alla polvere del cappotto nuovo.
Il suo taccuino è verde scuro, identico al divano
ormai schiarito dalla sua figura
leggera e lucente, come quando 
si appoggia al muro
e scivola con i piedi, 
per il pavimento troppo liscio. 
Io sono sulle sue piantine, sono brezza. 



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